martedì 19 aprile 2016

La cruenta conquista islamica di Sicilia (seconda parte)

Riprendiamo il discorso dal punto dove lo avevamo lasciato nello scorso articolo. Dopo i tentativi falliti di conquista di Enna e di Siracusa, l'esercito berbero accampato a Mazara del Vallo sembra essere in procinto di abbandonare la Sicilia ma succede un avvenimento che rivitalizza gli animi degli invasori tanto rimpianti dal discutibile Michele Amari. Da al-Andalus (il nome arabo della penisola Iberica) sopraggiunge una flotta di navi per dare manforte all'esercito aghlabida. La presenza infatti di numerosi andalusì (ovvero i musulmani di Spagna e Portogallo) rende la conquista islamica di Sicilia un'affare tra i berberi e appunto gli iberici islamici, non come riportano erroneamente molto spesso coloro i quali narrano una conquista effettuata da arabi sui generis (cioè sauditi, yemeniti e affini). E' bene specificare meglio la provenienza geografica degli invasori. Con queste nuove forze, l'esercito misto berbero-andaluso espugna Selinunte e non contenti della vittoria si scagliano con crudeltà contro i vinti, probabilmente per accettare la sottomissione degli abitanti dei centri limitrofi. Questo episodio ci viene raccontato da Tommaso Fazello, il padre della storiografia siciliana, in questo passo che Michele Amari minimizza clamorosamente:


Il testo originale del libro di Tommaso Fazello


Amari definisce il racconto del Fazello una favola


Dopo aver ottenuto la sottomissione di ciò che rimaneva di Selinunte e dei casali vicini, l'esercito berbero-andaluso rivolge le proprie mire espansionistiche su Palermo, città in quel periodo marginale rispetto ad altre nell'isola e che subirà praticamente un genocidio e una sostituzione etnica. Sono proprio le fonti islamiche, e non quelle cristiane, a narrare l'evento e la crudeltà del martirio dell'antica Panormus. Siamo intorno all'anno 830-831 d.C e cito lo storico musulmano di etnia curda Ibn al-Athir che narra così la presa della città: 

I musulmani si diressero allora verso la città di Palermo e la assediarono e la strinsero. Il principe chiese allora la salvezza per se stesso, per la sua gente e per i suoi beni, e avendola ottenuta, se ne andò per mare al paese dei rum (i romani d'oriente). I musulmani entrarono nella città nel mese di ragab dell'anno 216 (settembre 831 d.C) e non vi trovarono altro che tremila uomini, mentre ve ne erano stati durane l'assedio settantamila ed erano morti tutti. Ebbero luogo tra i musulmani di Ifriqiya (più o meno l'attuale Tunisia) e quelli di al-Andalus dissensi e contestazioni, ma poi giunsero ad un accordo. 

Tremila superstiti dei settantamila abitanti iniziali, se non è un genocidio questo, poco ci manca!
Ci sarebbe da chiedere infatti da dove venivano poi quei presunti trecentomila abitanti (cifra ovviamente esagerata) della Palermo kalbita che tanto decantano coloro che rimpiangono inspiegabilmente la Palermo "araba" che tra l'altro appunto, come detto sopra, araba non era, semmai berbera e andalusa. Ebbene, oltre a subire un ripopolamento con amministratori di Ifriqiya e di al-Andalus, la nuova capitale della nascente provincia islamica di Sicilia (o di Ṣiqilliyya) si ingrandirà man mano che la lunghissima e sanguinosa conquista proseguirà a scapito delle altre città siciliane. Molti degli abitanti delle città espugnate verranno infatti progressivamente deportati a Palermo spesso come schiavi o come dhimmi. Gradualmente le forze islamiche occuparono (ed in molti casi ottennero la sottomissione dei cittadini cristiani per paura di sperimentare i martiri di Selinunte e di Palermo) le città di Caltabellotta, Agrigento, Trapani, Corleone e Platani, considerando la conquista del vallo di Mazara come quasi tutta conclusa intorno all'anno 840 d.C quando gli ultimi casali si arresero. Si conclude con diversi massacri la conquista della Sicilia occidentale. Più difficile sarà la conquista della Sicilia orientale, ma di questo ne parleremo nei prossimi episodi.

lunedì 21 marzo 2016

La cruenta conquista islamica di Sicilia (prima parte)

Tra i tanti miti da sfatare c'è anche quello che riguarda la modalità e la tempistica della conquista dell'isola da parte delle forze musulmane. Tante volte infatti ho sentito e/o letto improbabili commenti del tipo che i siciliani erano stanchi delle pesanti tassazioni di Costantinopoli e che avrebbero addirittura aperto le porte all'invasione islamica accogliendo gli stranieri a braccia aperte. Ma in realtà è proprio la violenza e l'impervia resistenza a sradicare e sfatare questa leggenda. Mi occorre infatti una divisione in più parti per parlare della conquista islamica dell'isola tanto è stata lunga e difficoltosa. Infatti se i saraceni sbarcano a Mazara del Vallo nell'anno 827 d.C, è anche risaputo che le ultime resistenze cristiane libere furono sottomesse soltanto nel 965 con la caduta di Rometta. Di questa conquista abbiamo poche fonti, le cronache di Roma e Costantinopoli tendono a tacere o a parlarne marginalmente, così come anche le fonti franche, ma disponiamo però della preziosa cronaca di Cambridge e di altre fonti provenienti dalla parte islamica sia contemporanee che successive, Una di queste ci viene da al-Nuwayri che ci racconta la fase iniziale dello sbarco a Mazara. Il pensatore egiziano ci tramanda che l'emiro Ziyadat Allah I raccolse il suo esercito e mise come capo della spedizione Asad Ibn al-Furat di origine persiana. La flotta salpò da Susa presumibilmente il 14 giugno 827 ed arrivò a Mazara del Vallo il 17 giugno 827. Questa armata partita per la jihad in Sicilia non era composta soltanto da arabi (che sarebbe il termine etnico per indicare gli abitanti indigeni della penisola arabica), come erroneamente si pensa, ma era molto composito. Oltre molto probabilmente ad Eufemio e la sua schiatta di fedelissimi seguaci siciliani e bizantini si aggiungeva, tramandato dalla breve nota di Ibn Idari, un gruppo eterogeneo capitanato si da un persiano ma che era composto in gran parte da ribelli berberi, da forze andaluse (di al-Andalus, ovvero l'Iberia musulmana) e quindi infine anche da arabi veri e propri. Arrivati a Mazara questi fecero della cittadina del sud ovest siciliano il loro quartier generale, una volta ottenuto questo piccolo territorio si diressero verso Siracusa, la capitale dell'isola e che era anche stata sede imperiale ai tempi di Costante II. Conquistando la città aretusea i musulmani si sarebbero garantiti sostanzialmente la vittoria, ma non fu così. Questi giunti alle porte di Siracusa la assediarono ma gli abitanti resistettero in attesa di aiuti esterni che però arrivarono solo in maniera scarsa perché Costantinopoli era impegnata a difendere il simultaneo attacco all'isola di Creta che verrà poi conquistata dai musulmani e solo Venezia inviò dei rinforzi come soccorso alla città. Siracusa continuò a resistere fin quando la scarsezza delle provviste, l'epidemia che costò la vita ad Asad Ibn al-Furat e l'arrivo di una potente flotta da Costantinopoli, che nel frattempo aveva perso Creta e quindi non poteva perdere anche un'altra isola importante, sciolse l'assedio e Siracusa si era salvata. A questo punto i musulmani si diedero alle razzie del territorio circostante assediando ed ottenendo la resa di Mineo qualche giorno dopo. Adesso il traditore Eufemio con la morte di Asad, sperava di diventare il leader della spedizione e fece da guida all'esercito islamico che si divise in due: una parte andò a devastare il territorio attorno ad Agrigento mentre l'altra capitanata da Eufemio si dirisse ad assediare Enna. Qui Eufemio trovò una debole resistenza iniziale delle guarnigioni locali che in un primo momento decisero addirittura di riconoscere l'autorità del traditore sulla città dell'entroterra siciliano ma in realtà fu uno stratagemma per assassinare il rinnegato. A questo punto Michele II inviò una flotta da Costantinopoli comandata da Teodoto che inizialmente fu sconfitto dai musulmani attorno Enna ma riuscì a capovolgere la situazione iniziale rompendo l'assedio, inseguendoli e sconfiggendoli a Mineo. Nello stesso momento i musulmani delle campagne di Agrigento si ritirarono dalla città dei templi e si accamparono a Mazara. Arrivati a questo punto le ultime forze musulmane rimaste sull'isola erano ridotte alla sola base di Mazara del Vallo, in questo momento l'isola era stata liberata dagli invasori. Ma nei prossimi episodi vedremo cosa accadrà successivamente.


lunedì 14 marzo 2016

Il tradimento di Eufemio (823 - 827)

La figura di Eufemio da Messina è una delle più enigmatiche della storia siciliana, per qualcuno un grande patriota mentre per altri il vero responsabile dell'invasione islamica della Sicilia, per questo motivo ho deciso di scrivere un capitolo a parte su di lui in modo tale da conoscere meglio il personaggio in questione ed avere una propria idea su di lui. Nato verosimilmente nella città dello stretto (almeno a giudicare dal nome) egli divenne in breve tempo uno dei turmarchi e degli ottimati più importanti della flotta dell'impero romano d'oriente, tanto che con i suoi successi militari (si racconta, forse esageratamente, che fosse in grado di dominare il Mediterraneo centrale con la sua armata) si era guadagnato il timore di Costantinopoli tanto che l'imperatore Michele II il Balbo lo accusò di aver sposato la suora Omoniza e decise di inviare Costantino a sollevarlo dall'incarico. Eufemio e i suoi fedelissimi si ribellarono e sconfissero le milizie rivali. Con questa vittoria il messinese si proclamò imperatore di Sicilia (nell'anno 823) portando la capitale del nuovo regno siciliano nella sua città natale. Sfortunatamente egli nominò come signore di Palermo il cugino Alemanno Palata che, forse ammaliato dagli ori bizantini o forse innamorato anche lui di Omoniza, lo tradì ed unì le sue forze con gli uomini rimasti fedeli a Costantinopoli. Eufemio fu sconfitto da questa coalizione e fu costretto a fuggire in Nord Africa presso gli Aghlabiti, che dominavano un territorio pressappoco corrispondente all'attuale Tunisia e alla Tripolitania, dove trovò riparo presso l'emiro Ziyadat Allah I al quale chiese aiuto per organizzare uno sbarco in Sicilia per riprendersi il regno perduto. L'emiro di Raqqada accettò e capì che l'ingenuo Eufemio gli aveva consegnato su un piatto una terra ricca, prospera e soprattutto centrale nella lunga lotta tra gli arabi e i nemici bizantini, così organizzarono una potente flotta di circa diecimila unità (forse la cifra è un tantinello esagerata) prevalentemente berbera e andalusa con minoranze di arabi ma capitanata dal persiano Asad ibn al-Furat, discendente da una famiglia di tradizioni militari immigrata in Ifriqiya, che partì molto probabilmente dalla baia di Sousse e dopo tre giorni di navigazione raggiunse Capo Granitola presso Mazara del Vallo il 17 Giugno dell'anno 827 d.C. E' l'inizio di una lunghissima guerra che durerà quasi centoquaranta anni, ma di questo ne parleremo nel prossimo post.